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Angolino del 15 Marzo 2020

Angolino del 13 Marzo 2020
13 Marzo 2020
Angolino del 19 Marzo 2020
19 Marzo 2020
C ari amici,

siamo alla metà di Marzo e la situazione mondiale è maledettamente incasinata. L’epidemia si diffonde e si cominciano a contare i morti, giuro che mai mi sarei aspettato che la nostra croce rossa si trasformasse nei novelli monatti di manzoniana memoria.
Giuro che ho voluto rileggere il passo della madre di Cecilia e non ce l’ho fatta son scoppiato in un pianto ininterrotto di cui mi son vergognato nella solitudine del mio studiolo.

Il mondo gira ma gira sempre dalla stessa parte e le cose non son mai così nuove; trenta anni fa credevamo che il futuro ci avrebbe riservato meravigliosi scenari di pace, super tecnologia, energia pulita, cultura e che la scienza avrebbe sconfitto ogni patologia, un mondo di democrazie illuminate e di serenità.
Invece siamo sempre gli stessi uomini, guerre, sempre negli stessi luoghi, una tecnologia d’avanguardia per quello che concerne la comunicazione, ma cavolo dobbiamo anche avere qualcosa di utile e saggio da comunicare, non riempirci la testa con cazzate come fake news, e teorie assurde di complotti fantasiosi; siamo ubriachi di notizie a tal punto che non sappiamo più distinguere nulla.
Siamo ancora legati al petrolio, ed abbiamo scoperto che il nucleare è pulito fino a quando non succede l’incidente ed allora son cavoli aspri.
Cultura? Ma se nessuno legge più nulla e chi parla di qualcosa di leggermente più profondo dei soliti convenevoli è tacciato per essere un “professorino” o peggio un nemico del popolo o un servo di non si sa quale complottistica organizzazione. Paranoia non pandemia!
La scienza ha fatto molto ma i malanni si son evoluti e son diventati più cattivi, le democrazie son diventate tecnocrazie, ovvero governi di persone non elette che si auto generano all’interno di palazzi inaccessibili e misteriosi, di cui non si capisce né il programma né il disegno, e che in occidente siamo ancora fortunati, l’oriente è pervaso da teocrazie, ovvero governi che si reggono si regole divine e da unti dal un dio. Ritornano figure come il sultano, il califfo, lo zar. Abbiamo di fronte un mondo pervaso da tirchi selgiuchidi che si fanno largo tra potenze in declino, i persiani che guardano il mondo in cagnesco perché non è di fede uguale alla loro, l’impero russo che torna a far paura, l’impero cinese che ci fornisce epidemie e prodotti a basso costo scalzando il potere economico occidentale; poi nel suo dorato isolazionismo la potenza egemone del XX secolo gli USA, che giocano a fare la superpotenza ad un tavolo sempre più stretto.

Una mia piccola disquisizione del tutto e del nulla, per esorcizzare la paura dell’apocalisse!

Vi riporto alla solita paginetta almanaccale:

Vi ricordo che oggi sono le Idi di Marzo, proprio così cari miei, in questa data nel 44 AC fu infausta a Giulio Cesare; come ci riporta Plutarco, il condottiero era stato già messo sull’avviso che qualche cosa di pericoloso era nell’aria, ma leggiamolo dalle sue parole:

“Cosa ancor più straordinaria, molti dicono che un certo veggente lo preavvisò di un grande pericolo che lo minacciava alle idi di Marzo, e che quando giunse quel giorno, mentre si recava al Senato, egli chiamò il veggente e disse, ridendo, “Le idi di Marzo sono arrivate”; al che egli rispose, soavemente, “Si; ma non sono ancora passate”.

Ma cerchiamo di ricostruire la vicenda della congiura che portò all’assassinio:

Presero parte alla congiura più di 60 persone. A capo ne erano gli ex-pompeiani Caio Cassio, praetor peregrinus, e Marco Bruto, praetor urbanus. Alla congiura aderirono anche alcuni cesariani, tra cui Decimo Bruto, console designato per l’anno seguente e Trebonio, uno dei migliori generali di Cesare destinato al consolato nel 42. Cassio era il promotore e il vero capo della congiura. Marco Bruto aderì poco prima dell’assassinio, dando una parvenza di nobiltà all’azione. Infatti Marco Bruto era considerato un filosofo stoico, al di sopra degli interessi venali personali o di classe, benché facesse l’usuraio.

Il luogo e la data

I congiurati furono incerti se trucidarlo in Campo Marzio mentre faceva l’appello delle tribù in occasione delle votazioni, oppure se aggredirlo sulla via Sacra o all’ingresso del teatro, ma quando il Senato venne convocato per le Idi di marzo, preferirono quel tempo e quel luogo. I congiurati portarono in Senato delle casse con le armi, facendo finta che fossero documenti, non paghi, appostarono un gran numero di gladiatori nel teatro di Pompeo, a poca distanza dalla Curia.

Quel giorno Cesare non si sentiva bene. Calpurnia, sua moglie, aveva avuto dei tristi presentimenti e lo scongiurava di non andare in Senato. Gli indovini avevano fatto dei sacrifici e l’esito era stato sfavorevole. Cesare pensò di mandare Marco Antonio ad annullare la seduta del Senato, appreso questo suo disegno, i congiurati inviarono Decimo Bruto ad esortare Cesare a presentarsi in Senato perchè i senatori erano già da tempo arrivati e lo stavano aspettando. Annullare la seduta a quel punto sarebbe stata un’offesa per i tutti. Cesare credette a Decimo Bruto, all’amico fedelissimo, addirittura nominato suo secondo erede nel testamento. Verso l’ora quinta (le undici della mattina), Cesare si mise in cammino. Effettuò le pratiche religiose previste ed entrò nella Curia. Il console Marco Antonio rimase fuori trattenuto da Trebonio. Cesare era senza la guardia del corpo di soldati ispanici perchè poco tempo prima aveva deciso di abolirla. Solo senatori e cavalieri erano i suoi accompagnatori, appena si fu seduto, i congiurati lo attorniarono come volessero rendergli onore. Cimbro Tillio prese a perorare una sua causa. Cesare fece il gesto di allontanarlo per rinviare la discussione. Allora Tillio lo afferrò per la toga. Era il segnale convenuto per l’assassinio.

Publio Servilio Casca colpì Cesare alla gola. Cesare reagì, afferrò il braccio di Casca e lo trapassò con lo stilo ( perciò Casca di nome e di fatto, dai una piccola battuta), tentò di alzarsi in piedi, ma venne colpito altre volte.

Cesare vide i pugnali avvicinarsi da ogni parte. Allora si coprì la testa con la toga e con la mano sinistra la distese fino ai piedi. Voleva che la morte lo cogliesse dignitosamente coperto.

Ricevette 23 ferite. Solo al primo colpo si era lamentato. Poi solo silenzio.

Cadde a terra esanime, i senatori fuggirono in preda al panico, tirava brutta aria anche per loro, rimasero in senato solo i congiurati.

Tre schiavi deposero il cadavere su di una lettiga e lo riportarono a casa.

Cesare aveva 56 anni.

Quasi si sentisse che era giunto il suo momento, alla vigilia delle Idi, discutendo su quale fosse la morte migliore, aveva detto a Marco Lepido “Ad ogni altra ne preferisco una rapida ed improvvisa”. E così fu.

Inutilmente Bruto cercò di fermare i senatori terrorizzati. Antonio che era rimasto fuori, sfuggì alla morte perché Bruto fermò Cassio intenzionato a far fuori anche il console, i congiurati, snudando i pugnali insanguinati, si riversarono nel Foro inneggiando alla libertà repubblicana e a Cicerone. Alla notizia della morte di Cesare si sparse per Roma il panico, i negozi vennero chiusi, le strade divennero deserte e la gente si chiuse in casa.

A sera, nonostante i tentativi di Bruto, la calma non era ritornata in città e i congiurati decisero di ritirarsi in posizione sicura sul Campidoglio. Alcuni, che non avevano preso parte alla congiura, decisero di unirsi agli assassini sperando di averne vantaggio. Gaio Ottavio e Lentulo Spintere furono tra questi.

Durante la notte Lepido, magister equitum, ovvero il comandante della cavalleria, venuto a conoscenza di quanto era avvenuto occupò il Foro con i soldati e all’alba parlò al popolo contro gli assassini, che rimanevano rinchiusi sul Campidoglio. Il console Marco Antonio, che era per poco sfuggito alla morte e aveva trascorso la notte travestito da schiavo, saputo che Lepido aveva preso il controllo della situazione, convocò il Senato nel tempio della dea Tellus. Alla riunione partecipò anche Cicerone, la cui presenza durante l’assassinio è invece molto dubbia. Si dice che non fosse stato nemmeno informato dai congiurati perché ritenuto non molto affidabile ( che fosse un chiacchierone?). L’oratore, alla notizia della morte di Cesare, aveva scritto a Minucio Basilo, uno dei congiurati: “Tibi gratulor, mihi gaudeo”, ossia “Mi congratulo. Io sono felice”. E un mese dopo, il 27 aprile del 44, scriverà ad Attico di: “gioia assaporata con gli occhi, per la giusta morte del tiranno”. Dobbiamo precisare che Cesare aveva sovvertito le istituzioni repubblicane prendendo il potere assoluto nelle sue mani. In Senato si raggiunse un compromesso tra le varie componenti, Marco Lepido avrebbe voluto sfruttare la forza di cui disponeva, ma Marco Antonio, privo di soldati, non intendeva lasciare il potere a Lepido, per cui si accordò con gli ex-pompeiani. Il Senato concesse l’amnistia agli assassini, decretò onoranze solenni per Cesare, confermò tutti i decreti e le nomine di Cesare, assegnò a Bruto e ai suoi compari incarichi prestigiosi fuori Roma.

Ma vediamo chi erano questi congiurati, o almeno i loro capi:

Marco Giunio Bruto era figlio di Marco Giunio Bruto, tribuno della plebe nell’83 a.C. Nacque verso l’85 a.C. da Servilia, sorellastra di Catone Uticense, e venne adottato dallo zio Quintus Servilius Caepio. Servilia era stata uno degli amori giovanili di Giulio Cesare e i rapporti tra i due si mantennero sempre abbastanza intimi. Non è certo se il vero padre di Bruto fosse proprio Cesare. Bruto studiò in Grecia. Venne considerato un filosofo di tendenze stoiche. Fu stimato da Cicerone, che gli dedicò tre opere (De finibus bonorum et malorum; Orator,ed un gruppo di Lettere). Nel 53 fu questore di Appio Claudio in Cilicia.Bruto prestava denaro ad usura, anche del 48 per cento quando il tasso normale era del 12, e non mancava di utilizzare i soldati romani per riavere indietro i denari prestati. Cicerone, divenuto governatore della Cilicia, si rifiutò di mandare i militari romani a riscuotere un debito contratto dalla città di Salamina a Cipro, nonostante le reiterate insistenze di Bruto, che tra l’altro aveva cercato di nascondersi dietro due prestanome (Marco Scapzio e Publio Matinio) cercò di ingannare lo stesso Cicerone. Bruto non era insolito a gesti del genere. Quando Appio Claudio era governatore della Cilicia, prima di Cicerone, aveva potuto godere di ogni appoggio militare in quanto Appio era suo suocero. Infatti Bruto in prime nozze aveva sposato sua figlia. Nella guerra civile tra Cesare e Pompeo fu sostenitore di Pompeo, nonostante questi nel 77 avesse fatto uccidere suo padre ( misteri della politica romana) e nonostante si fosse arreso a Modena. Dopo Farsalo (48 a.C.) i cui i Pompeiani vennero sconfitti, venne perdonato da Cesare ed entrò a far parte del suo stato maggiore, abbandonando Pompeo in fuga verso l’Egitto. Nel 46 divorziò dalla moglie Claudia, figlia di Appio Claudo, e sposò Porcia, figlia di Catone Uticense, che era stato acerrimo nemico di Cesare. Porcia fu l’unica donna a conoscenza della congiura.Nel 46 ebbe il governo della Gallia Cisalpina, nel 44 fu nominato praetor urbanus da Cesare. Alle Idi di marzo, mentre aspettava Cesare nella Curia, gli giunse la notizia che sua moglie Porcia stava morendo. Bruto mantenne la calma e decise di non andare a casa. In realtà Porcia era solo svenuta a causa di un attacco di ansia non avendo notizie del marito, ma questo Bruto non lo poteva sapere. Dopo la morte di Cesare fu, insieme a Cassio, il capo della guerra contro Ottaviano e Antonio. Nel 42 morì suicida a Filippi ( chi non ricorda lo spettro di Cesare che lo ammonì: “ci rivedremo a Filippi”).

Cassio

Caio Cassio Longino( fate caso al nome, vi prego perché si ricollegherà alle notizie seguenti, anche se solo per omonimia ) (prima dell’85 – 42 a.C.) fu questore di Crasso nella spedizione contro i Parti nel 53 a.C. Dopo la sconfitta ebbe l’incarico di difendere la Siria. Fu cognato di Bruto, avendo sposato la di lui sorella Iunia Termia, nel 49 fu tribuno della plebe. Fu dalla parte di Pompeo durante la guerra civile, anch’egli venne perdonato da Cesare dopo Farsalo (48 a.C.) e divenne praetor peregrinus. Nel 42 morì suicida a Filippi, dove comandava l’ala sinistra dello schieramento dei congiurati. Cassio stava per essere sconfitto e non sapeva che all’ala destra Bruto stava vincendo.

Decimo Bruto

Decimo Giunio Bruto era figlio di Decimo Bruto, console nel 77 a.C. Venne adottato da Postumio Albino, poco più giovane di Marco Bruto partecipò alla guerra in Gallia. Molto stimato da Cesare, riportò la vittoria sulla tribù dei Veneti, in questo caso non siamo noi, ma tribù che vivevano nella Gallia Meridionale Atlantica . Cesare gli aveva affidato la Gallia Cisalpina e lo aveva designato console per l’anno seguente. nel suo testamento Cesare lo aveva dichiarato tutore di Ottaviano e suo erede. Dopo l’assassinio di Cesare e la guerra di Modena si rifugiò nella Gallia Comata. Non essendo riuscito a trascinare dalla sua parte il governatore Planco, tentò di raggiungere la Macedonia per ricongiungersi con Bruto e Cassio. Ma venne catturato ed ucciso per ordine di Antonio.

Trebonio

Gaio Trebonio fu tribuno della plebe nel 55 a.C. Luogotenente di Cesare in Gallia negli anni 55-50, nel 49 condusse l’assedio dell’attuale Marsiglia. Dopo l’uccisione di Cesare fu proconsole in Asia, dove morì ucciso da Dolabella. Fu amico di Cicerone.

Son trascorsi ben 2064 anni e siam qui ancora a discuterne come fosse un episodio di pochi giorni fa, riflettete!!!!

Ma passiamo a cose più facete, oggi nel 1906 nasceva la marca di automobili più prestigiosa del mondo, tutt’ora sul mercato, la Rolls Royce, anche qui son passati la bellezza di 114 anni eppure il fascino è rimasto immutato, quel profumo di cuoio, di legno, la soavità nell’incedere, l’assenza di rumore, lo scintillio di una cromatura in una radiosa mattina di primavera con il sole alle spalle in un prato concedendosi una frugale colazione con la proprio amata, a gioia, a delizia.

Che ci volte fare? Un po’ di brace su cui bruniscono delle fette di pane pronte per accogliere un po’ di foie gras, una coperta stesa sul prato, un buon vinello schietto, un po’ di formaggio, della marmellata di ciliegie, un po’ di torta e perdersi negli occhi della fanciulla che ha rapito la mia anima!

Lo so son un’anima perduta.

Il 15 Marzo del 493 moriva un altro personaggio storico, Odoacre, primo re barbaro dell’impero. Egli era figlio di Edicone, principe sciro alla corte di Attila re degli Unni, nel 469 si mise al servizio dei romani come capo di un esercito di guerrieri germanici Eruli, fino a quando si pose a capo dei contingenti barbari ribelli. Dopo aver ucciso il generale romano Oreste, presso Ticinum l’odierna Pavia, depose l’imperatore adolescente Romolo Augustolo.

Nominato rex gentium dalle sue stesse truppe decise di non nominare un successore all’imperatore appena decaduto, ma inviò le insegne imperiali all’imperatore d’Oriente Zenone, il quale, pur invitandolo a sottomettersi all’autorità dell’imperatore legittimo, accettò di fatto la sua sovranità sulle terre d’Occidente, decretando così la fine dell’ impero come fino ad allora era stato inteso, quello stesso impero che ebbe i natali dopo la vicenda di Cesare.

L’amministrazione di Odoacre si basò su una politica saggiamente conservatrice, lasciando ai romani la possibilità di mantenere l’esercizio delle cariche minori e la professione libera della religione cristiana, mantenendo così sostanzialmente intatta la struttura amministrativa precedente. In questo modo si assicurò la fedeltà della aristocrazia, del senato e della chiesa .

Dopo una spietata campagna militare contro i terribili Vandali che occupavano la Trinacria, l’imperatore Zenone , preoccupato dei recenti successi del re germanico, mobilitò contro di lui il re degli ostrogoti, Ditrick colui che conosciamo meglio come Teodorico, il quale sconfisse Odoacre presso Verona, nel 489 DC e, dopo un lungo assedio, in quel di Ravenna , lo costrinse a capitolare per poi ucciderlo a tradimento.
Questa battaglia sotto le mura veronesi, diedero origine ad uno dei piatti tipici locali, ma ne parleremo un’altra volta.

Ciao ciao

CS