C ari amici,
la giornata odierna è soleggiata e siamo ancora bloccati in casa come lo scorso anno, approfittiamone per fare quelle cose che prima non “avevamo tempo” tipo mettere e posto i libri, buttare le cose vecchie ed inutili, ,sistemare le piante, spostare i tappeti, o magari mettersi a leggere quel libro che ci occhieggia da mesi e non abbiamo avuto “il tempo” di prendere in mano, ascoltiamo un po’ di buona musica, spegnamo il diabolico televisore foriero di catastrofi mediatiche, io mi fumerò una presa di tabacco dolce nella mia umile pipa nera che acquistai anni fa a Brno, proseguirò con i miei scritti e cerco di trovare il meglio da ogni situazione.
Tempo fa lessi una di quelle frasette a mezzo tra aforisma e massima, di quelle che girano sui social e la trovai interessante:
“Quando cambia il vento, il pessimista, si lamenta, l’ottimista aggiusta le vele”! Quindi mi sento ottimista, da vecchio velista d’acqua dolce, aggiusto le mie vele, e sfrutto a mio vantaggio il momento storico.
Per prima cosa, ricordiamo che oggi ricorrono le Idi di Marzo, una data che nel 44 AC fu infausta a Giulio Cesare; come ci riporta Plutarco; il condottiero era stato già messo sull’avviso che qualche cosa di pericoloso era nell’aria, ma leggiamolo dalle parole dello storico latino:
“Cosa ancor più straordinaria, molti dicono che un certo veggente lo preavvisò di un grande pericolo che lo minacciava alle idi di Marzo, e che quando giunse quel giorno, mentre si recava al Senato, egli chiamò il veggente e disse, ridendo, “Le idi di Marzo sono arrivate”; al che egli rispose, soavemente, “Si; ma non sono ancora passate”.
Ma cerchiamo di ricostruire la vicenda della congiura che portò all’assassinio:
Presero parte alla congiura più di 60 persone. A capo ne erano gli ex-pompeiani Caio Cassio, praetor peregrinus (che per voi che avete sputato sangue su diritto romano non serve che vi spieghi che ruolo istituzionale aveva), e Marco Bruto, praetor urbanus (come sopra). Alla congiura aderirono anche alcuni cesariani, tra cui Decimo Bruto, console designato per l’anno seguente, e Trebonio, uno dei migliori generali di Cesare destinato al consolato nel 42.Cassio era il promotore e il vero capo della congiura, Marco Bruto aderì poco prima dell’assassinio, dando una parvenza di nobiltà all’azione; Infatti Marco Bruto era considerato un filosofo stoico, al di sopra degli interessi venali personali o di classe, benché facesse l’usuraio.
Il luogo e la data :
I congiurati furono incerti se trucidarlo in Campo Marzio mentre faceva l’appello delle tribù in occasione delle votazioni, oppure se aggredirlo sulla via Sacra o all’ingresso del teatro, ma quando il Senato venne convocato per le Idi di marzo, preferirono quel tempo e quel luogo. I congiurati portarono in Senato delle casse con le armi, facendo finta che fossero documenti, non paghi, appostarono un gran numero di gladiatori nel teatro di Pompeo, a poca distanza dalla Curia.
Quel giorno Cesare non si sentiva bene. Calpurnia, sua moglie, aveva avuto dei tristi presentimenti e lo scongiurava di non andare in Senato. Gli indovini avevano fatto dei sacrifici e l’esito era stato sfavorevole. Cesare pensò di mandare Marco Antonio ad annullare la seduta del Senato. Appreso questo suo disegno, i congiurati inviarono Decimo Bruto ad esortare Cesare a presentarsi in Senato perchè i senatori erano già da tempo arrivati e lo stavano aspettando. Annullare la seduta a quel punto sarebbe stata un’offesa per i tutti. Cesare credette a Decimo Bruto, all’amico fedelissimo, addirittura nominato suo secondo erede nel testamento. Verso l’ora quinta, per noi oggi le undici del mattino, Cesare si mise in cammino. Effettuò le pratiche religiose previste ed entrò nella Curia. Il console Marco Antonio rimase fuori trattenuto da Trebonio. Cesare era senza la guardia del corpo di soldati ispanici perchè poco tempo prima aveva deciso di abolirla. Solo senatori e cavalieri erano i suoi accompagnatori, appena si fu seduto, i congiurati lo attorniarono come volessero rendergli onore. Cimbro Tillio prese a perorare una sua causa. Cesare fece il gesto di allontanarlo per rinviare la discussione. Allora Tillio lo afferrò per la toga. Era il segnale convenuto per l’assassinio.
Publio Servilio Casca colpì Cesare alla gola. Cesare reagì, afferrò il braccio di Casca e lo trapassò con lo stilo, quindi Casca, cascò, e perdonate il calambur. Poi tentò di alzarsi in piedi, ma venne colpito altre volte.
Cesare vide i pugnali avvicinarsi da ogni parte. Allora si coprì la testa con la toga e con la mano sinistra la distese fino ai piedi. Voleva che la morte lo cogliesse dignitosamente coperto.
Ricevette 23 ferite. Solo al primo colpo si era lamentato. Poi solo silenzio.
Cadde a terra esanime, i senatori fuggirono in preda al panico, tirava brutta aria anche per loro, rimasero in senato solo i congiurati.
Tre schiavi deposero il cadavere su di una lettiga e lo riportarono a casa.
Cesare aveva 56 anni.
Quasi si sentisse che era giunto il suo momento, alla vigilia delle Idi, discutendo su quale fosse la morte migliore, aveva detto a Marco Lepido “Ad ogni altra ne preferisco una rapida ed improvvisa”. E così fu.
Inutilmente Bruto cercò di fermare i senatori terrorizzati. Antonio che era rimasto fuori, sfuggì alla morte perché Bruto fermò Cassio intenzionato a far fuori anche il console, i congiurati, snudando i pugnali insanguinati, si riversarono nel Foro inneggiando alla libertà repubblicana e a Cicerone. Alla notizia della morte di Cesare si sparse per Roma il panico, i negozi vennero chiusi, le strade divennero deserte e la gente si chiuse in casa.
A sera, nonostante i tentativi di Bruto, la calma non era ritornata in città e i congiurati decisero di ritirarsi in posizione sicura sul Campidoglio. Alcuni, che non avevano preso parte alla congiura, decisero di unirsi agli assassini sperando di averne vantaggio.
Durante la notte Lepido, magister equitum, ovvero il comandante della cavalleria, venuto a conoscenza di quanto era avvenuto occupò il Foro con i soldati e all’alba parlò al popolo contro gli assassini, che rimanevano rinchiusi sul Campidoglio. Il console Marco Antonio, che era per poco sfuggito alla morte e aveva trascorso la notte travestito da schiavo, saputo che Lepido aveva preso il controllo della situazione, convocò il Senato nel tempio della dea Tellus. Alla riunione partecipò anche Cicerone, la cui presenza durante l’assassinio è invece molto dubbia. Si dice che non fosse stato nemmeno informato dai congiurati perché ritenuto non molto affidabile, era noto per essere un chiacchierone. L’oratore, alla notizia della morte di Cesare, aveva scritto a Minucio Basilo, uno dei congiurati: “Tibi gratulor, mihi gaudeo”, ossia “Mi congratulo. Io sono felice”. E un mese dopo, il 27 aprile del 44, scriverà ad Attico: “gioia assaporata con gli occhi, per la giusta morte del tiranno”. Dobbiamo precisare che Cesare aveva sovvertito le istituzioni repubblicane prendendo il potere assoluto nelle sue mani. In Senato si raggiunse un compromesso tra le varie componenti, Marco Lepido avrebbe voluto sfruttare la forza di cui disponeva, ma Marco Antonio, privo di soldati, non intendeva lasciare il potere a Lepido, per cui si accordò con gli ex-pompeiani. Il Senato concesse l’amnistia agli assassini, decretò onoranze solenni per Cesare, confermò tutti i decreti e le nomine di Cesare, assegnò a Bruto e ai suoi compari incarichi prestigiosi fuori Roma.
Son trascorsi ben 2065 anni e siam qui ancora a discuterne come fosse un episodio accaduto pochi giorni fa, riflettete, riflettete!!!!!!!!
Passiamo ora a cose più facete: oggi nel 1906 nasceva la marca di automobili più prestigiosa del mondo, tutt’ora sul mercato, la Rolls Royce, anche qui son passati la bellezza di 114 anni eppure il fascino è rimasto immutato, quel profumo di cuoio, di legno, la soavità nell’incedere, l’assenza di rumore, lo scintillio di una cromatura in una radiosa mattina di primavera con il sole alle spalle in un prato concedendosi una frugale colazione con la proprio amata, a gioia, a delizia.
Torniamo all’almanacco: oggi moriva un altro personaggio della storia romana, certo meno noto di Cesare, ma fu anch’egli molto importante. Oggi nel 493 spirava a Roma Odoacre, primo re barbaro dell’impero, era figlio di Edicone, principe sciro alla corte di Attila re degli Unni, nel 469 si mise al servizio dei romani come capo di un esercito di guerrieri germanici Eruli, fino a quando si pose a capo dei contingenti barbari ribelli. Dopo aver ucciso il generale romano Oreste, presso Ticinum l’odierna Pavia, fu lui che depose l’imperatore adolescente Romolo Augustolo.
Nominato rex gentium dalle sue stesse truppe decise di non nominare un successore all’imperatore appena decaduto, ma inviò le insegne imperiali all’imperatore d’Oriente, Zenone, il quale, pur invitandolo a sottomettersi all’autorità dell’imperatore legittimo, accettò di fatto la sua sovranità sulle terre d’Occidente, decretando così la fine dell’ impero come fino ad allora era stato inteso, quello stesso impero che ebbe i natali dopo la vicenda di Cesare.
L’amministrazione di Odoacre si basò su una politica saggiamente conservatrice, lasciando ai romani la possibilità di mantenere l’esercizio delle cariche minori e la professione libera della religione cristiana, mantenendo così sostanzialmente intatta la struttura amministrativa precedente. In questo modo si assicurò la fedeltà della aristocrazia, del senato e della chiesa .
Dopo una spietata campagna militare contro i terribili Vandali che occupavano la Trinacria, l’imperatore Zenone , preoccupato dei recenti successi del re germanico, mobilitò contro di lui il re degli ostrogoti, Ditrick colui che conosciamo meglio come Teodorico, il quale sconfisse Odoacre presso Verona, nel 489 DC e, dopo un lungo assedio, in quel di Ravenna , lo costrinse a capitolare per poi ucciderlo a tradimento.
Visto che si è parlato prevalentemente di guerre, direi che è giunto il tempo di parlare di cucina, tenetevi forte, arriva l’angolino culinario:
parlando di Cesare era d’uopo parlare di asparagi, vi chiedete il perché, ma è presto detto, seguitemi :
Chi non conosce la pianta erbacea degli asparagi, appartenente alla famiglia delle liliacee, tanto buona quanto diuretica? Non molti però sanno, che fu causa di un possibile scontro armato, tra Romani e Mediumlanesi o moderni Milanesi, ed ebbe come protagonista Giulio Cesare.
Governatore nella Cisalpina dal 59 al 55 a.C, Giulio assieme ai suoi più stretti collaboratori, andò ospite nella magione di uno dei maggiorenti della città, un certo Valerio Leonte che, tra le altre portate, offrì un magnifico piatto di asparagi al burro. Ai Romani questa variante non piacque affatto, per prima cosa per la presenza del burro che conoscevano come unguento, infatti nella cucina latina si usava solo l’olio, e poi per queste strane verdure che gli ufficiali scambiarono per cibo per cavalli e dimostrarono il loro disappunto così apertamente da imbarazzare i padroni di casa. A quel punto sembra che Cesare intervenne, imponendo la sua autorità con la celebre frase: “de gustibus non disputandum est” ossia: non si può discutere sui gusti personali. In poche parole aveva fatto capire ai suoi ufficiali, che non si obbietta quando si è ospiti in casa d’altri, e per Bacco direi.
Abbiamo fatto onore a Cesare ed ora tocca anche a Ditrick, non vi pare:
L’ostrogoto Teodorico fece di Ravenna la nuova capitale dell’Impero Romano d’Occidente dopo la morte di Odoacre; egli da giovane era il tipico guerriero di quei tempi: alto, muscoloso, capelli lunghi, biondi e riccioluti, sopracciglia folte, con un collo taurino e un paio di poderosi baffi, talmente folti che ogni mattina dovevano essere sfoltiti con uno speciale rasoio. Il conquistatore dell’Italia non aveva trascorso l’adolescenza tra le tende dell’Est, bensì nella ricca e raffinata Bisanzio come ostaggio, eccovi spiegato il legame con Zenone, perciò parlava greco fluentemente, mostrandosi educato e galante, ma aveva abitudini culinarie dai gusti forti. Era ghiotto di cinghiale e lenticchie, che innaffiava generosamente di vino, il suo palato era ghiotto d’aglio. Teodorico, come molti sovrani, utilizzò la tavola anche per scopi “politici”, rimase storico il banchetto di riconciliazione che organizzò con i rivali eruli sconfitti, e durante il quale strangolò personalmente Odoacre assieme ai suoi familiari. Al re ostrogoto il robusto appetito rimase per tutta la vita, a settant’anni consumava ancora una “frugale” colazione di frutta fresca e carne arrostita, mentre a pranzo esigeva una mensa ben imbandita, con i piatti d’argento, le brocche d’oro e per lo stupore del tempo, la tovaglia.
Passiamo ad altro: come oggi nel 1493 tornava il buon Cristoforo Colombo dal suo primo viaggio in quella terra che poi verrà nomata America.
Nel 933 il re Germanico Enrico I sconfigge i magiari nella battaglia di Riade.
Come oggi nel 1944 cominciava la battaglia di Monte Cassino, che porterà alla completa distruzione dell’antico monastero benedettino.
Angolino del mistero
Oggi si festeggerebbe San Longino, il centurione che trafisse il costato di Gesù crocefisso e ne verificò la morte senza che fosse necessario rompergli le gambe, si avverò pertanto la profezia che non gli verranno spezzate le ossa, per un attimo, la punta della sua lancia fu arbitro del destino del mondo, infatti la santa reliquia, oggi conservata nel tesoro di Vienna, viene chiamata la Lancia del Destino.
Però di “ lance di Longino” pare ve ne siano ben tre in giro per il mondo; San Longino, sembra sia morto a Mantova, e vai di mistero in mistero, di tassello in tassello.
Mistero perché tutto quello che riguarda la passione di Cristo è ammantato di misteroooooo, o no?
Ma lasciatemi meglio indagare sulla faccenda, che vi assicuro è veramente affascinante.
Il calendario moderno, oggi ricorda oggi anche Santa Luisa.
Ciao a tutti
CS