C ari amici,
siamo arrivati al 21 Dicembre 2021, il solstizio d’Inverno, fra sei mesi saremo in giugno, ma ora mi piace godermi il freddo.
Son qui nel mio studiolo, ascolto Alan Parson e Mike Oldfield, i miei cani son accoccolati ai miei piedi e sarei tentato di fumare una presa di tabacco, ma resisto.
Mancano solo quattro giorni alla festività del Natale, il secondo che trascorreremo in questo tempo non tempo, tra i dubbi e le incertezze che i media ci propinano ad ogni istante a riguardo di questo virus che ci sta modificando la vita.
Non son un medico e nemmeno un biologo, di queste cose non ne voglio sapere, ma ho fiducia negli scienziati più che nella scienza. Son certo che questo evo lo trascorreremo e che ne usciremo, e che poi si aprirà una nuova era.
Penso spesso ai racconti che mi facevano i nonni: loro misuravano il tempo in: ”prima” e “dopo” la guerra, che per loro era la Seconda Guerra Mondiale.
Noi scandiremo i nostri racconti ai posteri con il “prima e dopo” Covid, una nuova guerra, con morti, feriti, eroi ed un nemico da battere.
A volte mi fermo a pensare ai nostri antenati che per affrontare una epidemia, non disquisivano su fialette e siringhe, ma si affidavano alla preghiera a San Rocco ed a San Sebastiano; ingenui? Sciocchi? No no no, saggi, a voi il comprendere.
Passiamo alla classica forma almanaccale che vi piace tanto:
Come oggi nel 164 Avanti Cristo, Giuda Maccabeo, finì di restaurare il tempio di Gerusalemme, dando inizio alla tradizionale festività del “Channuka” ovvero l’inaugurazione. I Maccabei avevano sconfitto Antioco IV Epifane, signore Ellenico della Siria, ripristinato l’ordine teocratico giudaico e non restava loro altro da fare se non ripulire il Tempio che era stato profanato dalla presenza di idoli politeisti.
Giuda distrusse tutto quello che non era conforme ai dettami ebraici e ricostruì il tempio come era al tempo di Mosè. Da allora per l’occasione viene acceso il candelabro ad otto braccia, la Menorah, uno dei simboli di Israele, quello che l’imperatore Tito fece sparire al termine delle guerre giudaiche e che vediamo scolpito all’interno del suo arco a Roma, quello che probabilmente venne fuso e con l’oro ricavato si pagarono i conti per l’edificazione dell’anfiteatro Flavio, oggi noto come Colosseo.
Torniamo al Tempio di Salomone: il racconto ebraico ci dice che non vi era abbastanza olio d’oliva puro per alimentare il candelabro per gli otto giorni rituali, sarebbe a malapena stato sufficiente per un solo giorno.
Avvenne il miracolo, l’olio non si esaurì e perdurò per tutto il tempo necessario al rito.
Lo so che la cosa non vi pare così interessante, ma seguiamo l’Angolino nel suo curioso percorso.
Per questa festa, gli Ebrei, son soliti cucinare dei dolci di pasta lievitata ripieni e poi fritti nell’olio d’oliva, per ricordare il miracolo suddetto; queste delizie son chiamate “Sufganiot” ed attenzione attenzione, son i dolci che nell’Europa di lingua tedesca si evolveranno nei meravigliosi Krapfen.
Attenzione cari amici, perché i suntuosi ed unti dolci, non son nomati ovunque Krapfen, ma anche Berliner Ballen, i Portoghesi li chiamano Bola de Berlin, quindi abbiamo certezza che son specialità che ebbero i natali nell’attuale Germania ma in ambiente ebraico; ebbene questi pasticcini che ci lasciano le dita unte, lo zucchero sul viso e tanta gioia nel cuore, li ritroviamo come eredità asburgica anche a Verona. Ebbene si cari e pazienti lettori, i mitici “bomboloni” di Piazza Erbe, son la rivisitazione scaligera del krapfen tedesco, arrivatoci attraverso la dominazione asburgica, con natali ebraici.
Magia della cucina e della Storia.
Vi lascio godere della data solstiziale, mi lascio coccolare le orecchie dalle note di Mammagamma di Alan Parson e ritorno a sognare, unico momento in cui posso avere una lucina di speranza anche io.
A proposito, di lucina: Ma non vi dice nulla il fatto che anche nel mondo ebraico questi son i giorni con ritualità legate alla luce?
Ciao a tutti
CS